AMORE E MAL D'AMORE

 



NEUROCHIMICA DELLE RELAZIONI SESSUALI

 

Neurochimica delle relazioni sessuali
di Marnia Robinson
 
L’influenza poderosa della biologia sul caos emozionale della “lovestory”.

Dopamina e ossitocina sono le sostanze chimiche che si contendono rispettivamente la separazione e

l’unione di una coppia. Alcune domande e risposte piccanti da un’intervista con Marnia Robinson autrice del libro

“Pace tra le lenzuola”
 
Rebecca: Sollevi delle domande molto crude

sul perché le nostre relazioni falliscano e sul perché succeda così spesso. Per quale motivo ci disamoriamo? Succedeva anche ai nostri nonni? Ai nostri avi?

Marnia: Ci disamoriamo perché siamo biologicamente programmati per questo.

La parte primitiva del nostro cervello

ci spinge verso comportamenti che facciano circolare

al massimo i geni. Sfortunatamente per noi romantici,

le chiavi di comportamento sono (1) una brama

d’intensa passione, seguita da (2) un’inconscia spinta alla separazione, e (3) una tendenza a ripetere

lo schema con un nuovo partner (promuovendo

migliori varietà genetiche tra i discendenti).

Ora che la rivoluzione sessuale ci ha liberati, il Programma della Biologia è vistosamente ovvio. Credo che il suo piano nascosto spieghi la predizione dell’ultimo censimento (Census Bureaus 2002) sul fatto che la metà di tutti i nuovi matrimoni si concludano con dei divorzi, e la conclusione di esperti secondi i quali

“i matrimoni senza sesso stanno diventando un’epidemia”. Vogliamo così tanto credere che l’amore romantico è designato a durare per sempre che consideriamo con profondo sospetto chiunque dica altrimenti. Del resto, non penso che possiamo migliorare

le nostre statistiche finché non realizziamo che nel pretendere una relazione romantica duratura gli scopi della Biologia non combaciano con i nostri.

C’è un modo per mantenere vivo il “romance” ma non possiamo gestirlo danzando ciecamente al passo della Biologia. E, sì, credo che i nostri nonni e avi hanno sofferto

per lo stesso problema. E’ quasi proverbiale che

“la luna di miele dura meno di un anno”. La chiesa, lo stato e i dogmi sociali hanno imprigionato

in nostri avi nel matrimonio finché morte non li separava, non importa quanto miserabili e infedeli essi fossero. Vale la pena notare che l’infedeltà si attuava perfino nel caso in cui la punizione fosse bruciare sul rogo.

Le nostre pulsioni primarie (che, di nuovo, sono finalizzate verso la moltiplicazione della prole) sono anche più potenti della nostra inclinazione all’alto conservazione. Eppure queste pulsioni non sono al servizio del nostro benessere. Una volta riconosciuto ciò possiamo imparare un modo per aggirarle.

Rebecca: In che modo le dipendenze, come l’alcool e il tabacco, sono influenzate dal sesso?

Marnia: Attenti esami clinici del cervello mostrano

che il sesso “bollente” attiva la stessa porzione del cervello primitivo, attivata dell’abuso di alcool, tabacco e droghe. Recentemente uno scienziato olandese ha affermato: “L’orgasmo è simile ad un’iniezione d’eroina”. In effetti queste attività sovrastimolano il centro del piacere/ricompensa con una irruente,

ma assuefante sostanza neurochimica chiamata dopamina. Essa ci conduce a comportarci in modo inquieto – con il risultato di tante maternità,

volute e non volute. Troppa dopamina, del resto, non è buona. E’ associata, per esempio, con la schizofrenia, con il feticismo sessuale, il danneggiamento dei nervi, e con le dipendenze. Quindi il nostro corpo risponde a questa iperstimolazione abbassando drasticamente i nostri livelli di dopamina, e gli effetti di questa sbronza si possono protrarre per settimane. Ciò non ci fa sentire bene, ed è durante questo periodo che spesso andiamo in cerca di altre dipendenze per spingere di nuovo in alto il livellodi dopamina.

Per esempio quella classica sigaretta dopo il rapporto sessuale era un tentativo per mantenere alto tale livello. Così il sesso “spinto” può condurre non solo verso l’assuefazione sessuale ma anche verso altre forme di dipendenza. Infatti la maggior parte di atteggiamenti dipendenti iniziano appena dopo la pubertà quando scopriamo l’istinto sessuale.

Le proprietà assuefanti della dopamina

tendono ad impegnarci nel lavoro gravoso della ricerca del nostro prossimo picco – soprattutto ora che gli agenti scatenanti della dopamina sono

prontamente disponibili nella forma di pornografia, sigarette, shopping compulsivo, giochi computerizzati, gioco d’azzardo, sesso casuale e così via. Diventa sempre più difficile ristabilire un genuino senso di benessere (opposto ad una serie di picchi forzati).

Per me la questione più interessante è: “perché fare l’amore in modo diverso tende a guarire la dipendenza? ” Questo fenomeno fu notato dagli antichi Taoisti cinesi migliaia di anni fa e ho avuto modo di vedere dei “tossici” superare le loro dipendenze di lungo termine usando questo antico approccio.

Rebecca: Nella marea del Femminismo le donne hanno riscoperto il sesso orgiastico, in che modo questo contribuisce al fallimento delle nostre relazioni?

Marnia: Suppongo che ci siamo immaginate che i ragazzi stavano facendo qualcosa di veramente “ganzo” con il “programma di orgasmi frequenti” così spesso attribuito loro.

Ma imitandoli, abbiamo semplicemente ripetuto il loro errore fondamentale nel credere che il punto dell’avere i genitali fosse l’orgasmo, piuttosto che l’unione. La iperstimolazione del centro del piacere/ricompensa non lascia emergere il meglio di donne e uomini;

conduce alla separazione.[…] Si tratta di riconoscere consapevolmente il legame

tra sesso bollente e conseguente disarmonia. La maggioranza delle donne non scappano

dopo il sesso, ma “la sbronza” ci rende

comunque bisognose, irritabili e portate a reazioni emozionali eccessive. Non li riconosciamo come comportamenti che conducono alla separazione, ma hanno certamente questo effetto.

Rebecca: “la biologia mi ha spinto a farlo”, come possiamo uscire da quest’incantesimo?

Marnia: Imparando a fare l’amore – senza sovra stimolare il centro del piacere/ricompensa o scatenando le sbronze che portano alla disarmonia.

Nella camera da letto focalizzatevi su quelle attività che nutrono la neurochimica del legame, che significa, tanta ossitocina. I benefici sono molti.

Si ristabilisce un’armonia naturale spontaneamente. Vedi il tuo partner diversamente.

Che è, tendere a ricordare tutte le ragioni che ti hanno fatto innamorare. Il senso di battaglia o il bisogno di negoziare scompaiono. Ridete di più. Provate gusto nel coccolarvi a vicenda. Il vostro spirito si eleva, diminuisce la brama. L’ossitocina aumenta anche l’attrazione tra partner familiari (ma non tra compagni poco conosciuti), quindi è la chiave per l’autentica monogamia – così come un eccesso di dopamina è la chiave della nostra presente promiscuità.

Sapevate che gli antichi taoisti cinesi raccomandavano lunghe ore di amore non orgasmico per guarire un’ampia varietà di malattie? […]Possiamo usare il sesso per migliorare il nostro stato di benessere, oppure possiamo continuare ad usarlo per rimanere sulle montagne russe di scomodi alti e bassi....

Continua sulla rivista Scienza e Conoscenza n. 10... 

 

Fonte:
http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo.php?id=55

 


L'impeto sessuale dipende da un gene

Nei rapporti di coppia molte volte non vi è lo stesso coinvolgimento da parte di entrambi i partner, questo potrebbe

essere legato a diversi fattori, per quanto riguarda però l'ambito sessuale
la differenza potrebbe risiedere anche in un gene.
Sulle pagine della rivista Molecular Psychiatry è stato pubblicato un articolo relativo
a uno studio che collega le differenze nell'impeto sessuale a un gene
che produce il recettore della dopamina.
Sembra quindi che il fatto di essere focosi o freddi in un rapporto di coppia
potrebbe dipendere oltre che dall'evoluzione della persona e dalle esperienze di vita,
anche da fattori che potrebbe avere una base genetica.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Gerusalemme, in seguito a delle analisi compiute sul DNA
di un gruppo di volontari composto da 148 studenti e studentesse universitarie,
hanno individuato due versioni distinte del gene per il recettore dopaminergico "DRD4",
tutti i partecipanti sono stati inoltre sottoposti a dei test che avevano l'obiettivo di delinearne
i comportamenti sessuali. Da un confronto dei dati è emerso che un gene era legato ad un ardente desiderio sessuale, l'altro a una libidine un po' più fievole e smorzata.

Secondo Richard Ebstein, coordinatore della ricerca, il gene riscontrato nelle persone più focose
è comparso nell'uomo in seguito a un'evoluzione della specie in tempi relativamente recenti,
si stima all'incirca 50.000 anni fa nel periodo dell'Homo sapiens.
Questo gene non è però presente in tutte le persone, si stima che solo il 30 per cento lo possegga.
Sembra invece che la maggior parte degli individui abbia l'altra versione del gene che porta
ad avere una libido più soft.

Il gene esaminato dai ricercatori produce un recettore delle cellule nervose, una sorta di interruttore
che viene acceso da messaggeri chimici, i neurotrasmettitori. In particolare DRD4 è acceso dalla dopamina,
il neurotrasmettitore associato al piacere,per esempio al piacere indotto dal cibo,
dalle droghe e nel caso specifico della ricerca dal sesso. I risultati hanno mostrato una correlazione
tra le varianti del gene del recettore D4 della dopamina e il rapporto degli studenti con la sessualità.
In particolare, alcune forme delle varianti del gene hanno rivelato un effetto deprimente sul desiderio sessuale e
sulla sua manifestazione, mentre altre varianti differenti ma comuni fra loro, presentano un effetto opposto.

Se fino ad ora altri studi avevano ipotizzato una probabile componente ereditaria nei gusti e nelle abitudini sessuali senza però avere delle prove scientifiche certe, questa ricerca ha fornito i primi dati scientifici
di quanto fino ad ora veniva teorizzato.

Fonte
http://www.universonline.it/_sessoesalute/sesso/06_06_01_a.php


 


L'ansia e la paura sono due ormoni

Ansia, paura, attacchi di panico:

esperti italiani hanno scoperto

che questi angosciosi stati mentali potrebbero dipendere anche da un ormone, l’aldosterone.

E’ quanto è emerso studiando un gruppo di pazienti con una malattia caratterizzata da eccesso di aldosterone, ha spiegato Nicoletta Sonino dell’università di Padova.

La scoperta, pubblicata

sulla rivista «Psychotherapy and Psychosomatics», potrebbe portare ad una migliore

comprensione dei meccanismi biologici su cui si fondano questi disturbi dell’umore

con conseguenze determinanti sulla qualità di vita di chi ne soffre.

Inoltre, secondo i ricercatori, potrebbe indirizzare verso nuovi trattamenti più mirati

ed efficaci contro questi problemi.

Ansia eccessiva, panico improvviso, paura ingiustificata, possono rendere la vita

un inferno ledendo la libertà di vivere normalmente anche

normali situazioni quotidiane. Già in passato studi su animali avevano evidenziato l’esistenza di un legame tra ansia e la famiglia degli ormoni corticosteroidi, della quale fanno parte sia l’ormone dello stress (il cortisolo) sia lo stesso aldosterone.

Quest’ultimo è prodotto dalle ghiandole

surrenali ed è importantissimo nel regolare la pressione del sangue.

In uno studio pilota su pazienti con un’eccessiva produzione di aldosterone,

Nicoletta Sonino ha scoperto il legame tra la molecola e disturbi dell’umore come ansia e panico. Gli esperti italiani hanno coinvolto nello studio pazienti con iperaldosteronismo

primitivo o Sindrome di Conn, una malattia dovuta ad un adenoma delle cellule

della zona glomerulare della corteccia surrenale. Coinvolgendo anche pazienti con

un’altra forma di iperaldosteronismo, i ricercatori italiani hanno esplorato con una batteria di test standard usati in psichiatria il tipo di disturbi della sfera dell’umore di cui questi pazienti

eventualmente soffrivano. Ne è emerso un quadro che non lascia dubbi:

questi soggetti soffrono d’ansia con probabilità molto maggiore

della popolazione generale, in più sono emersi casi di disturbo ossessivo-compulsivo, umore irritabile e molti casi di demoralizzazione.

Anche se sono necessari studi su un campione più vasto di pazienti, questi primi risultati, ha concluso la Sonino, evidenziano che l’aldosterone potrebbe essere strettamente coinvolto nella genesi del disturbo d’ansia e nella paura.

 

Fonte

www.lagazzettadelmezzogiorno.it

 

 

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