Omicidi in
famiglia
La
famiglia uccide più
della mafia
Un omicidio in
famiglia ogni
due giorni in
Italia: in 7 casi
su 10 la vittima è una
donna
e in 8 su 10 l'autore è
un uomo.
I dati sono
contenuti nel rapporto 2005 “L'Omicidio Volontario in Italia”, curato
da Eures ed Ansa.
Nel 2004 sono stati 187 i delitti maturati in
ambito domestico, in
calo
rispetto al 2003,
quando
furono 201.
Il
contesto relazionale nel
quale si consumano la
maggior parte degli omicidi è quello
della coppia (100
delitti,
pari al 53,5%).
Il
maggior numero di omicidi domestici avviene nel Nord Italia (83, pari al
44,4%) contro i 64 del Sud (34,2%) ed i 40 del Centro (21,4%). La
Lombardia si conferma la regione a più alto rischio con 26 vittime
(13,9%), seguita da Lazio (19), Toscana (16), Veneto, Campania e Sicilia
(15) e Piemonte (14). Ma è Roma la provincia più colpita, con 13 morti,
seguita da Milano (11), Torino (8) e Napoli (7).
Nel 68,4% dei casi
(128 in termini assoluti) le vittime di omicidio in famiglia sono donne,
più numerose nelle regioni del Centro (75%), seguite da Sud (68,8%) e
Nord (65,1%).
L'indice di rischio
(vittime per
100 mila abitanti)
risulta significativamente più alto tra
le donne (0,43 vittime
per 100 mila abitanti),
in particolare
nella fascia
35-54 anni (0,49) a
fronte
di un dato maschile
pari a 0,21.
Un più elevato rischio
risulta peraltro già presente tra le minori, con 16 vittime di sesso
femminile rispetto alle 8 di sesso maschile.
Il numero più alto di
vittime si registra tra gli over 64 (39, pari al 20,9%) e nella fascia
35-44 anni (32, pari al 17,1%), cui seguono
le fasce 25-34 anni e
45-54 anni
(29 vittime, pari al
15,5%)
e quella 55-64 anni
(19, pari al 10,2%). Le fasce 14-18 anni
e 19-24 anni contano
entrambe
8 vittime (pari al
4,3%), mentre
gli omicidi di figli in
età prescolare registrano 13 vittime (6,9%).
Nel 69,5% dei casi,
vittima e autore risultano conviventi al momento dell' omicidio.
Nella maggior parte dei
casi la vittima è coniuge o convivente
(72 vittime nel 2004,
pari
al 38,5%,
prevalentemente donne); seguono i genitori (33 vittime,
pari al 17,6%), i figli
(25, pari
al 13,4%) e gli ex
coniugi/ex partner (20 vittime,
pari al 10,7%).
Inferiore il numero
delle vittime tra partner/amanti (7 casi, pari al 3,7%), così come tra
fratelli e con altri familiari (entrambi con 5 vittime pari al 2,7%).
Accanto al movente di
natura passionale ed a quello derivante
da liti e dissapori
(entrambi con 43 vittime, pari al 23%), tra le altre cause dell'
omicidio in famiglia emerge il disagio della vittima o dell' autore: il
12,8% è attribuito
a disturbi psichici
dell' autore, il 9,6% a futili motivi, l' 8,6%
ad un raptus ed il 6,4%
ad una situazione di forte disagio della vittima stessa.
Sono soprattutto uomini
gli autori di omicidi in famiglia (144, pari all' 80,4%). Le fasce con
la più alta concentrazione sono quelle comprese tra i 25 e i 44 anni:
tra i 35-44enni gli
autori
di omicidio arrivano a
37
(pari al 20,7%),
superando di un solo caso la fascia 25-34 anni
(36, pari al 20,1%).
Fonte:
http://www.ecplanet.com
|
DELITTI PASSIONALI
I
delitti passionali corrispondono oggi al numero maggiore dei crimini
omicidiari commessi in Italia; diverse ricerche hanno tentato di
analizzare e conseguentemente comprendere il movente di quest’azione
omicidiaria e la personalità dell’autore di reato.
Ad esempio l’Eurispes, dai dati dei primi mesi del 2003, ha
riscontrato una maggiore prevalenza maschile nella commissione
dell’atto, con un’età compresa tra i 31 ed i 51 anni. Un dato anch’esso
molto importante, è quello evidenziato dall’Eures (2001) che afferma
come la principale vittima di omicidio sia il coniuge (27%), seguito
dall’ex-partner (9%). Sebbene anche in questa ricerca si evidenzi una
maggiore prevalenza vittimologica femminile, esistono tipologie di
vittime in cui prevale il sesso maschile, primo fra tutti il rivale. A
fronte di queste statistiche e delle ricerche portate avanti da diversi
studiosi di delitto passionale, è importante ricordare che non esiste
una tipologia assoluta dell’autore di reato e che quindi, sebbene sia
possibile individuare delle linee comuni, bisognerebbe considerare la
storia personale in ogni situazione delittuosa che a noi si presenta.
Addentrandoci maggiormente nei delitti passionali e partendo proprio da un
punto di vista etimologico troviamo innanzi tutto la parola greca
“pathos” e quella latina “delinquere”. Nel primo caso si fa riferimento
a un sentimento profondo, quasi una sofferenza, che corrisponde alla
parte più istintuale della persona e che, in circostanze particolari,
può esplicitarsi nella sua essenza, attraverso comportamenti più o meno
estremi. A questo riguardo, diversi autori affermano che il delitto è
sempre determinato dall’odio, tranne quello indirizzato alla persona
amata, in cui l’unico sentimento che trapela è l’amore, per questo viene
definito passionale. La parola “delinquere” invece, indica una
violazione della legge penale con conseguenti sanzioni come multe,
reclusione ed ergastolo. Nell’opinione pubblica questo termine è spesso
confuso con quello di omicidio, ma c’è una grossa differenza: è delitto
anche la violenza psicologica, le minacce, i riscatti.
Un’altra importante differenza è quella tra delitto emotivo e delitto
passionale. Tale distinzione rappresenta poi quella proposta
generalmente dai mass media tra delitto passionale e raptus, che porta a
compiere gesti irrefrenabili. Entrambi i delitti possono avere come
movente l’amore, ma ciò che li distingue è l’incontrollabile impulsività
e la non premeditazione nel delitto emotivo.
Da un punto di vista legislativo, il delitto passionale è punibile per
l’art. 575 del codice penale, che asserisce: “chiunque cagiona la morte
di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.
LE CAUSE
Cosa spinge un individuo a compiere un delitto passionale? Sembra che la
gelosia sia la motivazione più frequente. Da un punto di vista
etimologico, questa parola proviene dal latino "zelus" e significa zelo,
cura scrupolosa. Nell'accezione più comune la gelosia è però uno stato
d'animo forte di una persona che dubita della fedeltà e dell'amore del
partner o di una persona cara.
Esistono comunque diversi livelli di gelosia:
1. desiderio di tenere a sé la persona amata
2. gelosia che porta a continue verifiche sulla vita del partner
3. gelosia ossessiva: proiezione della propria infedeltà o insicurezza
sull’altro.
4. gelosia delirante
La gelosia di per sé quindi, non è patologica, ma può diventarlo, se
espressa e percepita nella sua forma più estrema, trasformandosi in
gelosia ossessiva o delirante. Il delirio di gelosia, come riportato dal
DSM IV TR, consiste nella convinzione di essere traditi dal proprio
partner distinguendosi in tal modo dalla gelosia caratterizzata dal
timore di tradimento, ma non dalla certezza che esso si sia consumato.
Un secondo movente, a parte la gelosia, sembra essere la fine di una
storia d’amore. A questo riguardo, è interessante notare come a livello
biochimico, durante l’innamoramento si abbia un aumento della produzione
di endorfine e feniletilamina, con conseguente senso di benessere ed
euforia, mentre quando la relazione finisce, si abbia un crollo di
queste sostanze, con conseguente ansia, apatia, senso di frustrazione ed
irritabilità. La fine di un rapporto va a coincidere con un senso di
fallimento interno e di ingiustizia subita, la cui unica reazione
emotiva risulta essere spesso la rabbia o la disperazione. Da un punto
di vista comportamentale, quindi,, si reagisce in due diversi modi: con
l'isolamento da tutti e da tutto – e spesso con la depressione-, oppure
con l'aggressività verso la persona che ci ha "regalato" il senso di
frustrazione e fallimento precedentemente descritti. Sempre più
frequentemente vediamo che tali delitti vengono attuati senza un movente
apparente oppure, per un motivo banale. In realtà l’azione omicidiaria
rappresenta l’ultima goccia che fa traboccare il vaso. La soglia della
tolleranza viene meno. Alcune ricerche hanno dimostrato che delle volte
le vittime non erano consapevoli dell’esistenza di qualcuno che le
sopportava. Dietro questa tolleranza ed il desiderio di rimanere in
silenzio, di non alzare la voce, c’è spesso la paura di esprimere le
proprie idee e le proprie emozioni, in una parola, c’è un problema di
comunicazione che cela il timore di essere rifiutati.
La fine di un rapporto può essere in queste persone legato anche
all’incapacità di sopportare la separazione. Eppure l’uomo va incontro
nel corso della propria vita, a molteplici separazioni: con il ventre
materno, con la famiglia nel momento dell’adolescenza e successivamente
in età adulta, con il proprio corpo fanciullesco nella pubertà, oltre a
situazioni relazionali di separazioni o morte. La capacità di sopportare
ed elaborare tali distacchi è in parte determinata dall’acquisizione, da
parte della persone, di un nucleo protettivo adeguato, a cui far
riferimento nei momento del bisogno, sviluppando cioè, un attaccamento
sicuro. Se così non avviene, le separazioni vengono viste come qualcosa
di catastrofico perché perdendo l’oggetto d’amore, si sente perduta una
parte di se stessi.
Un terzo movente del delitto passionale è l’amore respinto. Si può
trattare quindi di un ex partner che ha tentato invano di ricongiungersi
alla persona amata o semplicemente di un individuo innamorato di un
altro. In questo senso, uccidere l’oggetto d’amore significa riuscire
finalmente a possedere quella persona che fino ad allora ci aveva
rifiutati. Diverse ricerche hanno mostrato come in questo caso può non
esserci rimorso perché il delitto è ritenuto logica conseguenza di
ripetuti rifiuti subiti.
Un quarto movente è il delitto d’onore. Si parla in questo caso di
“Sindrome di Otello”, facendo riferimento al protagonista dell’omonima
tragedia shakespeariana. In questi casi, in realtà, non si tratta di
vero e proprio delitto passionale in quanto l’omicidio viene attuato per
salvaguardare il proprio onore. Sebbene sia sparito dal codice penale (è
stato abolito nel 1981 l’articolo 587 che prevedeva una pena ridotta di
3 o 7 anni di reclusione), il delitto d’onore resiste in diversi paesi;
si rivendica un tradimento, uccidendo e punendo la moglie o il rivale.
DELITTO PASSIONALE E DISTURBI MENTALI
Da un punto di vista psicopatologico, oltre il disturbo delirante di
gelosia, precedentemente menzionato, in alcuni casi è presente un
disturbo borderline di personalità caratterizzato, oltre che da un
disturbo dell’umore, anche da una difficoltà nei rapporti interpersonali
per cui da un lato si teme la simbiosi e la perdita della propria
identità e dall’altro si teme l’abbandono. Di fronte alla separazione
allora, si prova panico ed angoscia. Un'altra caratteristica del
borderline è quella relativa allo scarso controllo della propria rabbia
e questo spiega il perché, nelle persone che hanno commesso tali
delitti, se si parla di disturbo mentale, si fa riferimento a questa
patologia.
La depressione è anch’essa riscontrabile negli individui che commettono un
omicidio di tipo passionale; in queste persone, la separazione
dall’amato viene mal tollerata e, intrappolate nell’ambivalenza di una
morte, quella del partner, desiderata ed al tempo stessa non voluta,
uccidono l’altro e se stessi.
In conclusione, come abbiamo detto precedentemente, i delitti passionali
oggi rappresentano la percentuale maggiore dei crimini omicidiari
commessi. I cambiamenti socio – culturali del mondo in cui viviamo,
primi fra tutti il mutamento del sistema familiare e lo sviluppo di
assetti valoriali che obbligano l’individuo a tentare di primeggiare in
una società in continua competizione, ostacolano probabilmente la
creazione e lo sviluppo di una personalità sicura, capace quindi da un
lato, di canalizzare le emozioni negative in una relazione di coppia e
dall’altro, di affrontare la fine di una storia.
fonte:
http://www.mentesociale.it/i_delitti_passionali.htm
SUICIDI IN ITALIA DAL 1996 AL 2003 MATURATI
NELL’AMBITO DI SEPARAZIONI, DIVORZI E CESSAZIONI DI CONVIVENZE
1996 - 6 episodi con 5 suicidi singoli ed 1
suicidio connesso ad altro delitto 7 vittime
1997 - 7 episodi con 3 suicidi singoli e 4 suicidi connessi ad altri
delitti
12 vittime
1998 - 10 episodi con 6 suicidi singoli e 4 suicidi connessi ad altri
delitti
16 vittime
1999 - 9 episodi con 3 suicidi singoli e 6 suicidi connessi ad altri
delitti
15 vittime
2000 - 18 episodi con 8 suicidi singoli e 10 suicidi connessi ad altri
delitti 38 vittime
2001 - 10 episodi con 2 suicidi singoli e 8 suicidi connessi ad altri
delitti
22 vittime
2002 - 26 episodi con 9 suicidi singoli e 17 suicidi connessi ad altri
delitti 58 vittime
2003 - 24 episodi con 5 suicidi singoli e 19 suicidi connessi ad altri
delitti 50 vittime
fonte:
www.exonline.it
|