21 DICEMBRE 2012 : FINE DEL MONDO O NUOVO INIZIO ?

I CICLI DELLE MACCHIE SOLARI

dal libro: Le Profezie dei Maya

 


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I cicli delle macchie solari

 

Lentiggini sul sole

di Maurice Cotterel e Adrian Gilbert

dal libro: "Le profezie dei Maya"

 

Il sole, essendo il corpo celeste più visibile e più familiare di tutti, viene dato in un certo senso per scontato. Eppure che cosa sappiamo, in realtà, di questo progenitore del sistema solare, l'astro che in tante culture antiche è stato considerato il padre degli dei? La disponibilità di moderni telescopi e computer ha fatto sì che le nostre conoscenze sulla superficie esterna del sole si siano accresciute enormemente nel corso degli ultimi anni, eppure ci sono ancora molte cose che non sappiamo e forse non sapremo mai. Cotterell, avendo identificato nel sole, o meglio in un ciclo solare, l'agente principale all'origine dei vari tipi astrologici, era ormai impaziente di vedere quale fosse esattamente l'elemento responsabile degli effetti registrati.

Aveva l'intuizione che si potesse collegarlo con le macchie solari, ma per averne la certezza  gli occorrevano maggiori dati. Inoltre doveva saperne di più sul modo in cui le macchie solari influenzano il campo magnetico terrestre. Le macchie solari sono aree di temperatura relativamente bassa sulla superficie del sole: sembrano scure solo perché il resto della superficie solare e ancor più caldo e luminoso. Furono identificate per la prima volta da Galileo, che per osservarle usò uno dei primi telescopi. egli riconobbe che si trattava di macchie sulla superficie del sole e non di semplici satelliti che passavano di fronte al disco solare, giacché a differenza dei pianeti Mercurio e Venere, che a volte passano anch'essi di fronte al disco solare, non sono permanenti, bensì perennemente mutevoli tanto nel numero quanto alla posizione sulla superficie del sole. Alcune macchie durano solo alcune ore, altre invece alcuni mesi, ma prima o poi spariscono tutte. Variano anche nelle dimensioni, e alcune di esse sono abbastanza grandi da risultare invisibili anche a occhio nudo.

Ormai si sa da tempo che le macchie solari non sono fenomeni del tutto casuali. Nel 1843 R.Woolf accertò che esiste un ritmo nel modo in cui le macchie solari appaiono e scompaiono,un ritmo che sembra seguire un ciclo di 11,1 anni. Al principio del ciclo, le macchie compaiono vicino ai poli del sole, poi, man mano che procede, si manifestano sempre più vicino all'equatore. Infine, di solito prima che il ciclo si esaurisca, cominciano ad apparirne altre presso i poli. Comunque il ciclo non è perfettamente regolare e le punte massime, ovvero i picchi, di attività delle macchie solari non sono tutti di uguale intensità. Esistono anche dei minimi estremi, come quelli compresi fra il 1645 e il 1715, quando non si registrarono macchie. In quei momenti il sole abbagliante presenta una faccia pulita all'universo che lo circonda.

 

Le macchie solari e i Maya

Cotterell aveva fatto molta strada rispetto agli studi iniziali sull'astrologia e sul vento solare. Quella che era nata come una teoria relativamente semplice sul comportamento umano, si era ampliata, dando origine uno studio molto più vasto della meccanica alla base del ciclo delle macchie solari. All'inizio delle sue ricerche non immaginava che il risultato sarebbe stato questo, ma ora gli sembrava di essersi imbattuto in un problema molto più eccitante, forse addirittura inquietante. In sintesi, le fasi cruciali del sole erano le seguenti:

a) 87,4545 giorni (1 bit) = il periodo di tempo impiegato dai due campi magnetici del sole per tornare alla reciproca posizione di partenza;

b) 8 bit = 699,64 giorni (1 microciclo);

c) 48 bit = 4197,81 giorni = 11,49299 anni;

d) 781 bit = 68.302 giorni, ovvero 187 anni (1 ciclo delle macchie solari);

e) 97 x 68.302 giorni = 18.139 anni (1 ciclo completo della curvatura dello stato neutro).

Adesso era quest'ultimo periodo, con le sue suddivisioni, a interessare sempre di più Cotterell. Scomponendolo nei suoi elementi base, si accorse che vi erano compresi cinque periodi che corrispondevano a mutamenti nella polarità del campo magnetico solare e nello spostamento della curvatura dello strato neutro.

Queste fasi  equivalevano a:

1) 19x 187 anni = 1.297.738 giorni

2) 20x 187 anni = 1.366.040 giorni

3) 19x 187 anni = 1.297.738 giorni

4) 19x 187 anni = 1.297.738 giorni

5) 20x 187 anni = 1.366.040 giorni

 

Era a quest'ultimo periodo di 1.366.040 giorni che pensava Cotterell, quando lesse per la prima volta del super numero di 1.366.560 giorni citato nel codice di Dresda. Sembrava troppo simile per essere una coincidenza. Cosa ancora più importante, la suddivisione da lui proposta per il periodo più lungo di inversione della polarità solare sembrava rispecchiare la concezione Maya delle origini.

Come i suoi dati, anche i Maya facevano riferimento all'esistenza di quattro ere precedenti alla nostra, ma in realtà, a quanto pareva, parlavano dello spostamento, o inversione, del campo magnetico solare. Era forse quello il meccanismo nascosto dietro il crollo di un'era e l'inizio della successiva? Leggendo un libro intitolato Early Man and the Cosmos (L'uomo primitivo e l'universo), Cotterell si imbattè in un curioso riferimento a un altro numero Maya,1.359.540. Questo "numero fortunato", piuttosto simile a quello contenuto nel codice di Dresda, si riferisce alla data di inaugurazione del Tempio della Croce di Palenque. Come il "super-numero" di Palenque, si può dividere in non meno di sette cicli del calendario, o planetari, il che significa che ha una valenza rituale più che cronologica. Rendendosi conto che quello poteva essere un indizio importante riguardo al nesso esistente fra i numeri relativi alle macchie solari e il calendario Maya, Cotterell decise di andare a indagare di persona. Ora che senza dubbio era su una buona pista, prese si gli accordi necessari e prenotò un viaggio in Messico. Era un viaggio che avrebbe cambiato la sua vita.

...................

 

La decifrazione del codice

Tornato in Inghilterra, Cotterell si mise d'impegno a svelare il mistero dei Maya.

Chiudendosi nel suo studio, si immerse nei libri che aveva portato con sé dal Messico, cercando per tutto il tempo indizi che conducessero agli enigmi centrali della lastra di palenque e del numero sacro dei Maya,1.366.560. Prima di poter fare progressi in questa ricerca, doveva impadronirsi dei segreti del calendario Maya, o meglio dei calendari, visto che ne avevano più di uno. Come abbiamo visto, il più semplice era quello in uso anche presso gli Aztechi,gli Zapotechi, i Toltechi e altri, basato sull'interazione fra due cicli: un "anno vago" di 365 giorni e una "anno sacro" di 260 giorni. L'uso dello Tzolkin di 260 giorni è molto antico. Pare che risalga come minimo al tempo degli Olmechi e ancor oggi viene utilizzato a scopi magici da alcune delle tribù Maya più isolate. Sebbene le sue origini siano oscure, per Cotterell era chiaro che aveva un significato essenziale, al di là dei connotati magici racchiusi nel nome dei singoli giorni, giacché il numero 260 era un divisore tanto del suo numero speciale,1. 366.040, quanto del super numero Maya di 1.366.560 giorni: nel primo caso dava come risultato 5254 e nel secondo 5256. Questo sembrava un fatto significativo. cosa ancora più importante, lavorando a Cranfield Cotterell aveva fatto una scoperta fondamentale. Analizzando l'interazione fra i campi magnetici polari ed equatoriali del sole, aveva scoperto che coincidevano ogni 260 giorni. Questo sembrava confermare il suo sospetto che il sistema numerico Maia fosse connesso ai cicli del magnetismo solare.

Cotterell era particolarmente interessato a scoprire in che modo il Maya e altri intrecciavano insieme i due cicli, cosicché ogni giorno portava due nomi,uno basato sulla sua posizione nello tzolkin e l'altro derivato dall’ "anno vago" di 365 giorni, la combinazione relativa al secondo azteco: un periodo di 52 anni "vaghi" o 73 cicli di 260 giorni, a seconda dei punti di vista.

Per Cotterell il 260 sarebbe diventato con il tempo la chiave della decifrazione del codice del sistema numerico dei Maya. Mentre altri studiosi avevano compiuto la scoperta decisiva che consentiva di tradurre le date delle iscrizioni Maya in altrettante date del nostro calendario, lui era convinto che non esistesse ancora una spiegazione soddisfacente del motivo per cui il Maya russavano cicli della durata rispettivamente di 144.000, 7200, 360 e 20 giorni.

Inoltre si chiedeva perché mai i Maya omettessero dalle iscrizioni l'importante ciclo di 260 anni e per quale motivo attribuissero tanta importanza al 9, come frattanto aveva scoperto.

Cotterell decise a quel punto di inserire la cifra "mancante" di 260 giorni nella sequenza di cicli.

Quindi moltiplicò ogni ciclo per nove, sommò i totali e arrivò ad una risultato significativo: il numero magico Maya, che era praticamente identico al suo numero del ciclo delle macchie solari, 1.366.040.

 

144.000

         9


1.296.000 +

7200

     9


64.800 +

360

   9


3240 +

260

   9


2340 +

20

 9


180 = 1.366.560

  

Cotterell pensava di avere fatto centro, perché si era convinto che il cicli del sistema numerico Maya fossero usati per attirare l'attenzione sull'importanza del ciclo di 1.366.560 giorni.

Inoltre era convinto che le sue teorie sul comportamento del campo magnetico del sole gli fornissero una chiave di comprensione unica dell'importanza astronomica del ciclo di 260 giorni, senza il quale era impossibile decifrare il codice numerico Maya.

Una volta impadronitosi del complicato meccanismo del calendario di base, rivolse la sua attenzione alla famosa pietra del calendario Azteco che aveva visto a Città del Messico.

Leggendo un opuscolo trovato al Museo Nazionale di Antropologia del Messico, aveva appreso che questa pietra celebrava la fede degli  Aztechi in ere precedenti. Al centro del disco c'era l'immagine di Tonatiuh, il dio sole, con la lingua sporgente per simboleggiare il fatto che è lui a dare il respiro, ovvero la vita. Per gli Aztechi, i Toltechi e gli altri, tuttavia, il sole non era una entità che si potesse dare per scontata, e non era del tutto benevolo. Erano convinti che avesse bisogno di costanti sacrifici umani per continuare a muoversi, per avere la certezza che non tramontasse in modo definitivo, ponendo così fine alla quinta e ultima era del mondo.

Intorno all'effigie del sole erano disposti simboli che rappresentavano le quattro ere precedenti, ciascuna delle quali era stata posta sotto il dominio di un Dio diverso, e ciascuna si era conclusa, a quanto pareva, con una sorta di cataclisma. Desiderando saperne di più, Cotterell si interessò ai resoconti tardi forniti ai frati spagnoli dai discendenti dei sopravvissuti all'invasione di Cortès.  Da questi appariva chiaro che erano andate perdute molte informazioni riguardo ai dettagli sulle credenze precolombiane in materia, ma si era salvato quanto bastava per fornire alcuni indizi su un punto essenziale sul quale si imperniava questa dottrina. Studiando dapprima la storia riferita in un manoscritto anonimo del 1558 intitolato Leyenda de los soles, derivato in apparenza da un paio di documenti più antichi, Cotterell riuscì a trovare le prove della fede in cicli temporali basati su periodi di 52 anni, le cosiddette centurie Azteche. Questo resoconto dava precise indicazioni su periodi di tempo che avevano chiaramente importanza simbolica:

 

         Primo sole               Durata: 676 anni (52 x 13)

         Secondo sole           Durata: 364 anni (52 x 7)

         Terzo sole               Durata: 312 anni (52 x 6)

         Quarto sole             Durata: 676 anni (52 x 13)

 

Secondo questo resoconto, la seconda e la terza era (ovvero "soli"), erano di durata molto più breve della prima e dell'ultima. Una volta sommate, comunque, davano un periodo di 676 anni, pari alla durata delle altre due. Ciò sottintendeva che questi quattro soli erano soltanto tre quarti di un ciclo completo e che sarebbe stata necessaria una quinta era di 676 anni per realizzare un ciclo completo di 52 x 52 anni. Benché interessante dal punto di vista numerologico, questo resoconto non sembrava fondato su cicli cronologici reali e non aveva molto a che vedere con il numero magico Maya,1.366.560. Sembrava piuttosto sottolineare i limiti del calendario Azteco, che non sapeva andare oltre la divisione temporale di base dei 52 anni. Prendendo a esaminare il Codice Latino-Vaticano, Cotterell trovò un resoconto Azteco sulle ere passate molto più completo e a prima vista più misterioso...

 

di Maurice Cotterell e Adrian Gilbert

dal libro:

Le profezie dei Maya

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Le profezie

dei Maya

di Maurice Cotterel

e Adrian Gilbert

 

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Il mondo finirà

il 21 dicembre del 2012:

è questa l'inquietante profezia che i Maya fecero 5000 anni fa. Ma chi erano i Maya? Da dove arrivava questo popolo misterioso che edificò straordinarie piramidi e meravigliosi templi in mezzo alle foreste tropicali

dell'America Centrale?

Cosa vogliono dirci le eccezionali iscrizioni che hanno lasciato?

Perché scomparvero all'improvviso?

Che cosa accadrà nel 2012?

Decodificando le complesse intuizioni e rappresentazioni astronomiche e astrologiche

dei Maya,

Maurice Cotterell e Adrian Gilbert ne annunciano le profezie

per l'anno 2012 e per quelli seguenti.

In questo libro avvincente e per molti aspetti controverso gli autori rivelano:

- che la nascita e il declino delle ere del mondo e delle civiltà coincidono

con i cicli delle macchie solari;

- che una riduzione dell'attività delle macchie solari ha causato

una diminuzione della fertilità

nel popolo Maya e con ciò l'improvvisa scomparsa di questa civiltà;

- che furono gli antichi Egizi e i sopravvissuti alla scomparsa di Atlantide a fondare

le antiche civiltà dell'America Centrale.

 

Un libro straordinario di rivelazioni, scoperte e vaticini per leggere con occhi profetici la preistoria della nostra civiltà e per capire ciò che il futuro potrà riservarci.

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